IL SINDACO PESCATORE

Ciro A. R. Abilitato

Domenica, 29 maggio 2011

Pollica e Acciaroli, nella provincia di Salerno, sono stupende cittadine del Cilento, dove negli anni ’50 del Novecento soggiornò Ernest Hemingway, che da quei luoghi e da quella gente trasse ispirazione per il suo racconto “Il Vecchio e il Mare”. Il 5 settembre 2010, era domenica (non è ancora un anno!), Angelo Vassallo, 57 anni, per tre mandati consecutivi sindaco di Pollica, fu freddato in un agguato a bordo della sua Audi grigia mentre faceva ritorno a casa, alle ore 22,15. Gli furono sparati contro, con fredda determinazione, 9 proiettili calibro 9, di cui 2 andati a vuoto. La raffica fu sparata dalle pistole di uno o due miserabili, che certamente non potevano avere cognizione di ciò che stessero lucidamente facendo in quel momento, assoldati per fare da sicari da parte di imprenditori, forse nel campo dell’edilizia, interessati ad ottenere appalti pubblici in quella zona. Angelo Vassallo si era presentato per un quarto mandato nel 2010: unico candidato, rieletto il 30 marzo con il 100% dei voti. Esponente del PD, in passato aveva ricoperto anche l’incarico di consigliere provinciale a Salerno nelle fila della Margherita. Oltre alla carica di sindaco, ricopriva quella di presidente della Comunità del Parco, organo consultivo e propositivo dell’ente Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano. Per quanto allo stato tanto i mandanti quanto gli esecutori dell’attentato rimangano ignoti, la matrice è chiaramente di stampo mafioso. Il pubblico ministero Alfredo Greco, incaricato delle indagini, ha sin dal principio avanzato l’ipotesi che esso sia stato commissionato dalla camorra al fine di impartire una punizione esemplare ad un uomo e ad un rappresentante dello Stato che si opponeva ad ogni pratica illegale, sia nel campo edilizio che nel settore ittico, così come anche in quello della tutela dell’ambiente, rappresentando un ostacolo al controllo del porto, che avrebbe certamente garantito maggiore libertà d’azione alle organizzazioni criminali nei loro traffici illeciti. Il Sindaco Pescatore, nato a Pollica il 22 settembre 1953, che si batteva per la legalità e la tutela dell’ambiente, che era molto stimato e benvoluto dai suoi concittadini, da quanti ebbero la fortuna di conoscerlo personalmente e da coloro che lo ammirarono anche solo nel sentirne parlare, continua a vivere in tutti coloro che hanno creduto come lui nei suoi progetti, nelle sue speranze e nei suoi sogni, che erano gli stessi di tutti coloro che sempre si ribellano alle brutture dei nostri tempi. Uno che vale più di centomila. Nessuno mai ti dimenticherà, Angelo. Il tuo nome di colpo pulisce tutto, anche solo a nominarti.

E ORA, ANGELO CARO, VEDIAMO COSA VIENE SU NELLA TUA RETE

Redigo questo elenco con le lacrime agli occhi, pensando che forse sono più i morti che i vivi, a causa di una qualche forma di incoscienza che dilaga nel nostro paese e nel mondo, e alla quale non si sa porre un ragionevole rimedio. Ciò che più intristisce è comunque il pensiero che la responsabilità di queste morti non è in sostanza di una, due, tre o mille persone, e nemmeno di chi le ha materialmente causate, ma è da imputarsi ad una mentalità, alla quale molto contribuisce l’indifferenza e la superficialità di tutti. Perché molto spesso, anche chi amministra, anzi sopratutto chi governa, ha bisogno di capire, di essere incoraggiato nelle scelte e nelle decisioni più giuste, necessitando del valido sostegno e dei suggerimenti dei cittadini, soprattutto dei più umili, di coloro che sono meno in vista, e di essere indirizzati nei modi più inimmaginabilmente pacifici e civili. Ma più di ogni altra cosa, chi governa ha bisogno di percepire quali siano i più profondi interessi dei cittadini, cosa davvero essi chiedono al loro impegno e alla loro funzione. Anche loro, infatti, i pubblici amministratori, si trovano, nel loro ruolo, come qualunque altro essere umano, a dover trovare la giusta rotta. Nemmeno la più orribile dittatura è possibile, senza consensi e una qualche defezione della ragione, anche sul piano delle coscienze individuali. La lotta pertanto non deve mai essere portata contro l’uomo in sé, ma contro i sistemi di mentalità che attentano alla dignità dell’uomo e alla vita in generale. Dipendesse da me, istituirei immediatamente una corte di giustizia e la pena di morte esclusivamente per le cattive mentalità. Per questo motivo io credo fermamente che anche il fenomeno della criminalità debba essere compreso più indagandone le cause che non semplicemente condannandone gli effetti, in quanto la sola sanzione conduce ad una rapida assuefazione degli individui e della moltitudini all’irragionevolezza. Non c’è nulla che più mi emozioni di quando vengo a sapere di qualcuno che, considerato il peggiore fra gli uomini, si sia poi rivelato capace di qualcosa di veramente umano, dimostrando di aver capito, di aver compreso quale sia la realtà della comune condizione di tutti gli esseri che vivono, i quali, tutti insieme, e tutti sottoposti alle stesse leggi di natura, formano l’abitabile e il multiforme mondo in cui viviamo, senza che in alcun modo ci riesca di sapere perché. Tutto ciò che infatti davvero conta nella vita di ciascuno di noi, è arrivare a capire qualcosa di questa vita, anche se questo qualcosa può apparire insignificate o privo di pratica e immediata rilevanza. D’altronde, noi siamo tutti soli e disorientati in questo immenso e meraviglioso universo, di cui solo per un po’ di tempo ci è dato di avere esperienza. Posso dire queste cose con consapevole lucidità, in quanto mi è stata concessa la dolorosa fortuna di poter gettare un fuggevole sguardo nelle viscere dell’inferno.

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Pubblico sul web il seguente elenco e cito le seguenti categorie di vittime innocenti, nella speranza che un giorno ogni italiano ne abbia uno ben aggiornato da qualche parte o sappia dove andare a cercare, affinché nessuno dimentichi mai contro che cosa soprattutto debba essere responsabilmente esercitato nel nostro paese l’impegno di ciascuno in qualità di uomo, di donna e di cittadino, nella consapevolezza che certe cose non dipendono dal caso e non capitano solo agli altri.

Alle categorie di vittime innocenti riportate di seguito − le quali, per forza di cose e per estensione, non possono mai essere complete − andrebbero aggiunte le vittime della criminalità ordinaria, le vittime del lavoro, le vittime del fanatismo sportivo, le vittime del fanatismo religioso, le vittime del fanatismo di gruppo, le vittime del fanatismo individuale, quelle del fanatismo politico, quelle del terrorismo internazionale, le vittime di violenza negli istituti di pena, le vittime di violenza negli istituti di rieducazione, le vittime di rapine in luoghi pubblici, le vittime di rapine in luoghi privati, le vittime di violenza nel corso di pubbliche manifestazioni, le vittime di sequestri e rapimenti, le vittime di maltrattamenti, le vittime di pratiche vessatorie e dell’usura, le vittime di violenza domestica, le vittime di abusi sessuali, le vittime dell’imperizia professionale, le vittime dell’emigrazione, le vittime dell’emarginazione, le vittime del racket della prostituzione, le vittime dell’usura e del pizzo, le vittime del racket della droga, le vittime del commercio di organi, le vittime della malasanità, le vittime di gratuita violenza e di stupri, le vittime dell’indifferenza, e via di seguito. E questo senza naturalmente voler considerare fatti più o meno recenti in cui siano stati freddamente posti in essere orribili programmi di sterminio e di distruzione di massa. Per quanto mi è consentito fare, cercherò di elencare di seguito i casi rientranti in quante più categorie mi sarà possibile citare, o almeno quelli più emblematici, senza tuttavia mettermi a fare troppo lo spavaldo, che è la cosa che meno mi attira nel trattare di simili argomenti. Ciascuno, però, tenga a parte un proprio elenco personale da tenere sempre aggiornato, magari affiancandolo ad un buon testo di storia del nostro paese. Perché anche solo a parlare di queste cose ci si può attirare addosso lo stupido odio di mezzo mondo, e non so quanto ciò possa entusiasmare un uomo o una donna che abbiano ancora qualcosa di serio e di importante da fare su questa terra. La vita vale la pena di essere sacrificata, e anzi spesso non è nemmeno offerta dai più coraggiosi come un sacrificio, bensì come una donazione spontanea, ma ciò può essere compreso solo da chi nutre sentimenti umani, ispirati al bene comune e alla vita, non da chi non capisce niente. A questi ultimi è necessario additare altre vie possibili e più convenienti. Lo so, è difficile,  e bisogna essere muniti di una pazienza illimitata, ma ne vale la pena. Questo compito deve essere responsabilmente assunto da ogni cittadino onesto e da tutte le istituzioni dello Stato, affinché non si giunga all’incancrenirsi dei fenomeni di violenza e di ingiustizia di cui siamo quotidianamente spettatori e vittime.

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VITTIME DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA

− mafia, ‘ndrangheta, camorra, sacra corona unita, ecc.

− 18 settembre 2008: strage di Castelvolturno.

− 11 luglio 2008: Raffaele Granata, padre del sindaco di Calvizzano, viene ucciso per aver rifiutato di versare il pizzo al clan dei Casalesi.

− 20 maggio 2008: Domenico Noviello (Baia Verde,), imprenditore già sotto protezione ribellatosi al pizzo impostogli dal clan dei Casalesi diversi anni prima.

− 29 giugno 2007: Ciro Galotta, ucciso per errore dai Casalesi.

− 2 gennaio 2005: Francesco Rossi, soprannominato ‘Fravulella’, capo della tifoseria della squadra di calcio di Sant’Anastasia, incensurato, muore in ospedale per le ferite riportate nel corso dell’agguato mortale del 28 dicembre 2004 teso da un clan rivale al pregiudicato Vincenzo Mauri.

− 27 marzo 2004: Annalisa Durante, 14 anni, uccisa per errore.

− 18 febbraio 2002: Federico Del Prete, sindacalista.

− 12 novembre 2000: Valentina Terracciano, 2 anni.

− 10 agosto 2000: Luigi Sequino e Paolo Castaldi, 20 anni, uccisi  per errore.

− 30 aprile 1999: Giustino Perna, assicuratore, ucciso in una vendetta trasversale nell’ambito della faida di Pianura.

− 8 ottobre 1998: ucciso il sindacalista Domenico Geraci.

− 20 luglio 1998: Alberto Vallefuoco (24 anni), Salvatore De Falco (21 anni) e Rosario Flaminio (24), operai uccisi a Pomigliano d’Arco perché scambiati per dei componenti di una banda rivale.

− 11 giugno 1997: Silvia Ruotolo.

− 23 novembre 1996: Raffaele Pastore, commerciante di Torre Annunziata, ucciso dalla camorra nel suo stesso negozio per aver denunciato un’estorsione e aver fatto arrestare un camorrista.

− 15 ottobre 1995: Gioacchino Costanzo, 2 anni, era in auto con lo zio, un pregiudicato venditore di sigarette di contrabbando.

− 13 dicembre 1994: Palmina Scamardella, 35 anni, vittima innocente di un agguato di camorra, muore lasciando una figlia di un anno.

− 19 marzo 1994: don Giuseppe Diana, parroco di Casal Di Principe.

− 15 settembre 1993: ucciso padre Pino Puglisi, parroco della chiesa di San Gaetano a Brancaccio (quartiere di Palermo).

− 27 luglio 1993: un’autobomba esplode a Roma nel piazzale antistante il vicariato, dietro la basilica di San Giovanni in Laterano. Poco dopo un’altra autobomba esplode davanti alla chiesa del Velabro. Lo stesso giorno a Milano, un’autobomba parcheggiata invia Palestro provoca cinque morti: quattro vigili urbani accorsi sul posto e un extracomunitario che dormiva su una panchina.

− 27 maggio 1993: esplode a Firenze un’autobomba invia dei Georgofili, cinque morti.

− 14 maggio 1993: a Roma, esplode un’autobomba in via Fauro al passaggio dell’auto con a bordo il conduttore televisivo Maurizio Costanzo.

− 8 gennaio 1993: a Barcellona (Messina) viene ucciso Beppe Alfano, giornalista del quotidiano “La Sicilia”.

− 19 luglio 1992, ore 13:45: strage di via D’Amelio (Palermo), muoiono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, prima donna poliziotto ad aver perso la vita in un attentato della mafia.

− 23 maggio 1992, ore 17:58: strage di Capaci (sull’autostrada Palermo-Punta Raisi), muoiono Giovanni Falcone, già magistrato a Palermo, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato e gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, superstite l’agente Giuseppe Costanza che viaggiava sull’automobile guidata da Falcone.

− 29 agosto 1991: ucciso Libero Grassi, imprenditore che rifiuta di pagare il pizzo agli esattori della mafia.

− 9 agosto 1991: cade in un agguato Antonio Scopelliti, sostituto procuratore in Cassazione. Di lì a poco avrebbe dovuto sostenere l’accusa nel primo maxi-processo a Cosa nostra.

− 21 luglio 1991: Fabio De Pandi, colpito durante un regolamento di conti.

− 21 settembre 1990: Rosario Livatino, 38 anni, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Agrigento, soprannominato dal presidente Francesco Cossiga “il giudice ragazzino” per la sua giovane età. Viene ucciso sulla strada statale 640 a scorrimento veloce Caltanissetta-Porto Empedocle, mentre si reca, senza scorta, da Canicattì, dove abita, in tribunale, ad Agrigento. La sua Ford Fiesta color amaranto viene affiancata sul viadotto Gasena dall’auto di un commando mafioso costituito da 4 sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, un’associazione mafiosa in contrasto con Cosa Nostra. Ferito ad una spalla, Livatino scende dall’auto e tenta di fuggire lungo la scarpata del viadotto. Uno dei killer, Gaetano Puzzangaro, di Palma di Montechiaro, conosciuto col soprannome di ‘A Musca’, lo insegue e lo finisce. Nella sua attività il giovane magistrato si era occupato della cosiddetta Tangentopoli Siciliana ed aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, contro la quale si era avvalso anche del sistema della confisca dei beni. Le indagini di Livatino portarono la magistratura a scoprire numerosi legami tra mafia e massoneria. Il presidente Francesco Cossiga lo denigrò e ne sottovalutò le capacità, sostenendo che ad un simile ragazzino non avrebbe affidato “nemmeno una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta”.

− 30 agosto 1990: Tobia Andreozzi, un ragioniere incensurato, estraneo alla camorra, eliminato perché si trovava in compagnia dell’uomo che i sicari dovevano ammazzare.

− 18 maggio 1990: Nunzio Pandolfi, 2 anni, ammazzato nel rione Sanità, mentre era tra le braccia della zia nella stessa stanza dove era il padre, vero obiettivo dell’agguato, anche lui ucciso.

− 19 giugno 1989: sulla scogliera dell’Addaura (Palermo) viene trovato un ordigno destinato a Giovanni Falcone, la cui villa di vacanza si trova poco distante.

− 27 settembre 1988: a Trapani Mauro Rostagno, giornalista e sociologo. Da una TV locale denunciava i crimini e le attività illecite delle cosche mafiose e gli intrecci tra mafia e politica.

− 25 settembre 1988: lungo la strada che porta da Canicattì a Palermo viene assassinato il presidente della I sezione della Corte d’Assise e d’Appello di Palermo Antonino Saetta (66 anni) insieme al figlio Stefano, di 35 anni, inabile. L’assassinio fu portato a compimento con efferata violenza e senza risparmio di proiettili: sul posto dell’agguato furono contati oltre un centinaio di bossoli, tra i quali anche quelli di una mitraglietta da guerra. Il giudice, che non aveva mai voluto scorte, era andato a Caltanisetta per il battesimo del nipote. Aveva condannato in appello i capimafia Michele e Salvatore Greco per l’attentato a Rocco Chinnici, ed i killer del capitano Emanuele Basile, scandalosamente assolti in primo grado (ma il processo era stato annullato dalla cassazione). Si apprestava ora a presiedere il I maxiprocesso alle cosche mafiose del palermitano. Il 5 agosto 1998 la Corte di Assise di Caltanissetta dichiara Riina Salvatore e Madonia Francesco mandanti dell’assassinio, e Ribisi Pietro esecutore materiale dell’omicidio in concorso con Montagna Michele, Brancato Nicola e Di Caro Giuseppe, questi ultimi tre nel frattempo deceduti. Salvatore Riina vene condannato con la pena dell’ergastolo e l’isolamento diurno per un periodo di 12 mesi, oltre alle pene accessorie e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.

− 14 gennaio 1988: a Palermo assassinato Natale Mondo, l’agente di polizia sopravvissuto all’agguato in cui avevano perso la vita Cassarà e Antiochia.

− 12 gennaio 1988: ucciso Giuseppe Insalaco, sindaco di Palermo per pochi mesi, avversario politico di Lima e Ciancimino, aveva apertamente denunciato i condizionamenti dei vari comitati d’affari sul comune.

− 5 novembre 1986: Mario Ferrillo, impresario teatrale assassinato a Licola, scambiato per un noto camorrista locale, muore lasciando moglie e quattro figli, di cui la più piccola Marianna di 10 anni.

− 23 settembre 1985: Giancarlo Siani, giornalista freelance.

− 5 agosto 1985: Antonino Cassarà, vicequestore di Palermo e l’agente di polizia Roberto Antiochia.

− 28 luglio 1985: Beppe Montana, capo della squadra catturandi della polizia di Palermo.

− 2 aprile 1985: Barbara Asta e i suoi due bimbi Giuseppe e Salvatore muoiono al posto del giudice Carlo Palermo, bersaglio dell’attentato lungo il tratto stradale Pizzolungo-Trapani.

− 2 dicembre 1984: Leonardo Vitale, il primo pentito di mafia, viene ucciso appena uscito dal manicomio dove era stato rinchiuso.

− 5 gennaio 1984: a Catania, Giuseppe Fava, fondatore del settimanale “I Siciliani”.

− 11 ottobre 1983: Franco Imposimato, Maddaloni, ucciso per ritorsione nei confronti del fratello, il giudice Ferdinando Imposimato, e per il suo impegno sul territorio.

− 29 luglio 1983: autobomba di via Pipitone Federico (Palermo) muoiono il capo dell’ufficio istruzione del tribunale Rocco Chinnici, due carabinieri della scorta e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi.

− 13 giugno 1983: Monreale (Palermo). Assassinato il capitano dei carabinieri Mario D’Aleo, comandante della locale compagnia. Con lui cadono l’appuntato Bonmarito e il carabiniere Marici. D’Aleo aveva preso il posto del cap. Basile.

− 25 gennaio 1983: Giangiacomo Ciaccio Montalto, giudice di Trapani.

− 7 ottobre 1982: Elio Di Mella, carabiniere trentenne, ucciso mentre conduceva in tribunale il detenuto Mario Cuomo, uomo della Nuova Camorra Organizzata.

− 15 luglio 1982: Antonio Ammaturo, vicequestore della Polizia di Stato di Napoli, ucciso insieme a Pasquale Paola, agente che lo accompagnava.

− 2 luglio 1982: Salvatore Nuvoletta, carabiniere ventenne, ucciso perché accusato ingiustamente dalla camorra di aver partecipato allo scontro a fuoco in cui morì un loro affiliato.

− 3 settembre 1982: Palermo. Strage di via Carini. Uccisi il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo, l’autista che li seguiva sull’auto di servizio.

− 16 giugno 1982: agguato al furgone che stava trasportando Alfio Ferlito dal carcere di Enna a quello di Trapani. Oltre al boss catanese, muoiono tre carabinieri di scorta e l’autista del mezzo.

− 29 maggio 1982: Simonetta Lamberti, 10 anni, figlia del giudice di Cava de’ Tirreni Alfonso Lamberti, uccisa mentre rincasava col padre. Il mandante dell’omicidio è stato indicato da Roberto Saviano in Raffaele Cutolo. A Simonetta Lamberti, il 2 aprile 1983, è stato ititolato lo stadio della città di Cava de’ Tirreni.

− 30 aprile 1982: Pio La Torre, segretario del P.C.I. siciliano e il suo autista Rocco Di Salvo. Il giorno dopo il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa è nominato prefetto di Palermo.

− 14 aprile 1981: Giuseppe Salvia, vice direttore del carcere di Poggioreale di Napoli.

− 27 marzo 1981: Dino Gassani, avvocato penalista, ucciso a Napoli nel suo studio insieme al suo fedele segretario Giuseppe Grimaldi, per non aver voluto rinunciare alla difesa di Biagio Garzione, imputato di un omicidio commissionato dal Boia delle Carceri Raffaele Catapano, esponente di spicco del clan cutoliano. Il Garzione, uno dei primi pentiti di camorra, confessò il delitto e chiamò in correità il Catapano.

− 12 marzo 1981: Mariano Mellone, padre di una bambina di appena 1 anno, ucciso per errore durante una sparatoria fra clan rivali.

− 11 dicembre 1980: Marcello Torre, sindaco di Pagani.

− 7 novembre 1980: Domenico Beneventano, consigliere comunale del PCI di Ottaviano.

− 6 agosto 1980: Gaetano Costa, procuratore capo di Palermo. Aveva appena firmato sessanta ordini di cattura contro altrettanti mafiosi, dopo che i suoi sostituti si erano rifiutati di farlo.

− 4 maggio 1980: a Monreale (Palermo) il capitano dei carabinieri Emanuele Basile.

− 6 gennaio 1980: il presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella, politico della sinistra democristiana.

− 25 settembre 1979: a Palermo il giudice istruttore Cesare Terranova e il suo autista, il maresciallo di polizia Lenin Mancuso.

− 21 luglio 1979: Boris Giorgio Giuliano, capo della Squadra Mobile di Palermo.

− 12 luglio 1979: a Milano viene ucciso Giorgio Ambrosoli, avvocato liquidatore dell’impero economico di Michele Sindona, il giorno dopo averne presentato la documentazione.

− 26 gennaio 1979: a Palermo ucciso il cronista del Giornale di Sicilia Mario Francese.

− 19 settembre 1978: viene ucciso in un agguato a Ottaviano (Napoli) Pasquale Cappuccio, avvocato penalista e consigliere comunale socialista. Aveva denunciato le collusioni tra politica e camorra e il sistema di controllo degli appalti pubblici, tra cui quelli riguardanti l’edilizia e l’affidamento del servizio di nettezza urbana a società controllate dalla camorra.

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− 29 agosto 1978: viene ucciso a Pagani (Salerno) Antonio Esposito Ferraioli, di 27 anni, che lavora come chef nelle cucine della fabbrica di componenti elettrici Fatme-Ericsson. Come delegato sindacale della Cgil presso la Fatme, denunciava la pessima qualità delle carni che venivano fornite alla mensa aziendale, il cui acquisto era affidato in appalto esterno ad alcuni imprenditori locali che le facevano provenire dalla macellazione clandestina.

− 9 maggio 1978: nei pressi di Cinisi (Palermo), vengono trovati sui binari della ferrovia Trapani-Palermo i resti del corpo di Giuseppe Impastato, dilaniato da un’esplosione. Proveniente da una famiglia mafiosa, Impastato aveva rotto sin da giovanissimo con il padre e la parentela, impegnandosi all’interno di gruppi della Nuova Sinistra in attività di denuncia dei crimini mafiosi e conducendo campagne di mobilitazione popolare unitamente ad un’intensa attività culturale, che negli ultimi anni svolse attraverso i microfoni di Radio Aut. Si era anche candidato in una lista di Democrazia Proletaria come consigiere comunale alle elezioni amministrative della sua città.

− 18 marzo 1978: vengono uccisi a Milano da due ignoti killer, lungo via Mancinelli, i diciottenni Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci (detto Iaio). Due giorni prima era stato rapito a Roma lo statista Aldo Moro. I due giovani, impegnati nelle attività di quartiere del centro sociale dell’oratorio della chiesa del Casoretto, avevano lavorato alla redazione di un dossier sulla droga. Il 25 novembre dello stesso anno muore a seguito di un investimento stradale sospetto il giornalista Mauro Brutto, che aveva raccolto numerosi elementi sul delitto.

− 26 gennaio 1978: viene ucciso a Corleone (Palermo), con nove colpi di P38 sparatigli in faccia (di cui due andati a vuoto), l’avvocato Ugo Triolo, da circa 15 anni vicepretore onorario di Prizzi, ma nato e residente a Corleone. In precedenza aveva ricevuto intimidazioni. Non si è mai saputo quale fosse il vero movente del delitto, ma i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino raccolsero la dichiarazione di Giuseppe Cristina, un collaboratore di giustizia, il quale dichiarò che Salvatore Riina e Bernardo Provenzano, gli elementi più pericolosi di cui disponesse Luciano Liggio, soprannominati per la loro ferocia “le belve”, erano gli assassini del vice-pretore onorario di Prizzi. Per oltre vent’anni tutto rimase nel vago e a Corleone nessuno parlò più di Ugo Triolo.

− 1 dicembre 1977: viene ucciso a Palermo da un commando di killer, nell’androne del palazzo dove si trova la sua abitazione, presso il carcere Ucciardone, Attilio Bonincontro, stimato maresciallo degli agenti di custodia della Casa Circondariale palermitana. La morte del maresciallo provocò una rivolta tra i colleghi, che il giorno dopo si autoconsegnarono organizzando una manifestazione di protesta davanti al carcere.

− 20 agosto 1977: il tenente colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo e l’insegnante Filippo Costa vengono uccisi mentre passeggiano nella piazza del borgo di Ficuzza, nei pressi di Corleone (Palermo). Il colonnello Russo, in vacanza a Ficuzza, era tra gli uomini di fiducia di Carlo Alberto Dalla Chiesa e il comandante del Nucleo Investigativo di Palermo. L’omicidio fu collegato a diverse indagini sulla mafia condotte dall’ufficiale dei carabinieri, come quella sul sequestro dell’esattore Corleo. Il colonnello Russo aveva inoltre intuito che Cosa Nostra stava stendendo i suoi tentacoli sull’affare del secolo, la diga Garcia, e sulle centinaia di miliardi che si muovevano intorno al progetto. A Palermo in quegli anni c’erano solo tre uomini che avevano percepito la pericolosità dei corleonesi: il colonnello Russo, il commissario Boris Giuliano e il giudice istruttore Cesare Terranova. Boris Giuliano verrà ucciso il 21 luglio del 1979 dal mafioso Leoluca Bagarella, che gli spara sette colpi di pistola alle spalle; il magistrato Cesare Terranova verrà ucciso il 25 settembre dello stesso anno in un agguato, nel quale fu colpito anche l’autista del magistrato, il maresciallo di pubblica sicurezza Lenin Mancuso, che morì poi in ospedale.

− 15 luglio 1977: Ucciso a Sidney Donald Mackay, agente della squadra antidroga che aveva arrestato quattro persone di origini italiane.

− estate 1977: viene rapita in Calabria, dove si trovava in vacanza col marito e le due figlie, Mariangela Passiatore (44 anni), mai più ritrovata.

− 1 aprile 1977: durante un conflitto a fuoco davanti a una casa nella quale si stava svolgendo un summit di mafia, vengono uccisi a Razzà di Taurianova (Reggio Calabria) l’appuntato dei carabinieri Stefano Condello e il carabiniere Vincenzo Caruso.

− 12 marzo 1977: viene ucciso a colpi di lupara, a Giojosa Jonica (Reggio Calabria), Rocco Gatto, mugnaio iscritto al Partito Comunista, impegnato nella lotta contro la ‘ndrangheta. Aveva ricevuto richieste estorsive e minacce da parte del capoclan Luigi Ursini e del gregario Mario Simonetta, entrambi imputati per la vicenda del mugnaio e condannati in via definitiva nell’88 per estorsione aggravata.

− 10 dicembre 1976: nelle campagne di Gioia Tauro, a Cittanova (RC), viene ucciso il giovane Francesco Vinci (18 anni), militante comunista impegnato attività di sensibilizzazione antimafia. Successivaente si disse che era stato ucciso per errore, nel corso di una faida tra cosche. In occasione del funerale scesero in piazza migliaia di persone, accorrendo da tutta la provincia. Studenti, organizzazioni politiche, movimenti, la gente del paese. Decine di ragazzi circondarono la casa di uno dei boss della zona, urlando slogan di forte risentimento. Poco tempo dopo, cinquemila studenti della provincia reggina marciarono a Cittanova per manifestare contro la ‘ndrangheta. Fu probabilmente la prima manifestazione giovanile contro le mafie che si sia svolta in Italia. I compagni di scuola onorarono la memoria di Ciccio Vinci eleggendolo a rappresentante studentesco (era l’anno dei decreti delegati e delle prime votazioni nelle scuole, e Ciccio era candidato). Dopo un anno dalla scomparsa, Ciccio Vinci fu ricordato con una cerimonia alla quale le istituzioni locali non parteciparono.

− 4 maggio 1976: Melicuccà (Reggio Calabria), vengono uccisi, per aver reagito ad un tentativo di rapimento, il 73enne avvocato Alberto Capua (possidente ed ex sindaco di Melicuccà) e il suo autista Vincenzo Ranieri. Sul caso si arriverà a fare luce dopo diversi anni, in seguito alle dichiarazioni del superpentito Pino Scriva, che porteranno alla sbarra il gotha della ‘ndrangheta calabrese nel corso del processo alla “mafia delle tre province”. In tale ambito verrà fatta luce anche su diversi altri sequestri di persona, quali quelli di Vincenzo Cannatà (43 anni) di Taurianova (rapito il 15 dicembre 1975 e rilasciato, dopo 29 giorni di prigionia, il 13 gennaio 1976 a Gerace, dietro pagamento di 30 milioni), di Salvatore Fazzari (30enne) di San Giorgio Morgeto (rapito il 23 settembre 1977 e rilascato il 26, dietro pagamento di un riscatto di cui non si conosce la cifra), dello studente Francesco Napoli (20enne), figlio del presidente dell’ordine degli avvocati di Palmi (rapito il 9 maggio 1975 e rilasciato il 15 settembre, dietro pagamento di 500 milioni), del farmacista Vincenzo Macrì di Grotteria (7 gennaio 1976, mai più trovato), nonché sull’omicidio di Vincenzo Valarioti. Molti degli accusati erano già stati inquisiti in relazione a tali vicende e poi prosciolti.

− 4 marzo 1976: viene assassinato a Mezzojuso (Palermo) il dirigente dell’Alleanza coltivatori Giuseppe Muscarella. Aveva promosso una campagna per l’acquisto collettivo di fertilizzanti e aveva proposto la costituzione di una cooperativa al fine di rompere il monopolio delle cosche mafiose.

− 27 gennaio 1976: uccisi ad Alcamo Marina (Trapani) i carabinieri Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo. Non si è mai saputo il movente dell’assassinio. Per questo crimine sono stati condannati: Giuseppe Gulotta all’ergastolo, Gaetano Santangelo a 22 anni di carcere, e Vincenzo Ferrantelli a 14 anni. Gli ultimi due latitanti in Brasile. Era stato incriminato anche Giuseppe Vesco, suicidatosi nel carcere di Trapani nell’ottobre del 1977. I condannati non risultano legati a gruppi della criminalità organizzata né al terrorismo politico.

− 7 gennaio 1976: viene rapito a Grotteria (Reggio Calabria), a scopo di estorsione, il farmacista Vincenzo Macrì (76 anni). I sequestratori richiedono per il suo riscatto un miliardo di lire. Dopo poco più di un mese viene localizzato il primo luogo di prigionia, ma il farmacista non verrà mai più ritrovato. Il caso rientrerà nel maxiprocesso alla mafia delle tre province.

− 5 gennaio 1976: ucciso ad Afragola (Napoli) il maresciallo dei carabinieri Gerardo D’Arminio.

− 3 luglio 1975: Nicastro (Catanzaro), viene ucciso di ritorno da Catanzaro, a colpi di fucile, in prossimità della sua abitazione di Lamezia Terme, Francesco Ferlaino, avvocato generale dello Stato presso la Corte d’appello di Catanzaro. Aveva presieduto numerosi processi contro esponenti della mafia ed era stato membro del Comitato Direttivo Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati per il gruppo di “Magistratura Indipendente”. Il delitto è rimasto impunito. Gli è stato dedicato il palazzo di giustizia di Catanzaro.

− 2 luglio 1975: viene ucciso a Palermo, durante il sequestro dell’imprenditore Angelo Randazzo, l’agente di polizia Gaetano Cappiello.

− 26 giugno 1975: viene rapita dall’Anonima Sequestri calabrese, mentre rientra a bordo della sua Miniminor nella villa dei genitori a Eupilio (CO), nella Brianza comasca, la giovane Cristina Mazzotti (18 anni), figlia dell’industriale milanese Helios Mazzotti. La ragazza, che si trova in compagnia dei coetanei Emanuela e Carlo, viene portata via di ritorno dalla festa di diploma e costretta a vivere per un mese in un buco sotterraneo, imbottita di potenti droghe e di psicofarmaci per impedire che si agitasse e per renderla docile al volere dei rapitori. La richiesta per il riscatto è di 1 miliardo di lire, una somma che la famiglia Mazzotti non possiede, ma che viene ugualmente versata. Nonostante ciò, il 1 settembre del 1975 il corpo della ragazza viene ritrovato completamente sfigurato dai morsi dei topi nella discarica di Varallino di Galliate, nel Novarese, dove la giovane era stata probabilmente gettata ancora viva. Nel 1980 vengono arrestate 10 persone, tra cui: Giuliano Angelini (trentanovenne), capo della banda di sequestratori, ex squadrista fascista e trafficante d’armi, già indagato per la strage di Piazza Fontana; Rosa Cristiano (ventisettenne), ex compagna di Angelini, custode della giovane sequestrata e somministratrice degli psicofarmaci, aveva acquistato anche della soda caustica per far sparire il corpo della ragazza una volta che questa fosse stata uccisa; Loredana Petroncini, scappata di casa all’età di 15 anni per unirsi in matrimonio con Luigi Gemmi, un poco di buono, proprietario di una gelateria sotto casa della Cristiano; Alberto Menzaghi, macellaio; Antonino Giacobbe, personaggio di spicco dell’Anonima Sequestri calabrese e mandante del sequestro; mentre Libero Ballinari, che aveva gettato il corpo nella discarica e aveva cercato di riciclare 90 milioni di lire presso una banca di Lugano, viene condannato all’ergastolo dalla giurisdizione svizzara. Tutta gente priva di scrupolo e senza dignità, che soleva ricorrere ad ogni sorta di espediente illecito, così come ai sequestri di persona, per procurarsi in modo facile il denaro che serviva loro a sostenere la bella vita cui erano dediti. Viene celebrato un lungo processo, finito con otto ergastoli, e sembrava che tutto fosse finito. Invece, nessuno degli arrestati, per timore di rivendicazioni, aveva rivelato nulla sui componenti del commando che aveva operato il sequestro. Ma ecco che l’11 giugno 2008, a 33 anni dal delitto, il sistema elettronico Afis della Polizia scientifica di Roma, entrato in funzione nel 1999 per l’archiviazione e la ricerca informatizzata dei dermatoglifi, mette in evidenza l’impronta del dito pollice di un uomo con alle spalle una interminabile lista di precedenti penali. L’impronta era stata lasciata sul parabrezza della Miniminor di Cristina Mazzotti il giorno del sequestro. Il caso Mazzotti viene quindi riaperto con l’arresto di Demetrio Latella (56 anni), un ex ergastolano da due anni in semilibertà, già affiliato alla banda di Epaminonda (“il Talebano”) e riconosciuto come il capo del gruppo di sequestratori, il quale confessa il delitto e fornisce i nominativi degli altri 3 complici.

− 23 maggio 1975: viene sequestrato a Courgné (TO) Mario Ceretto (46 anni), cotitolare di due fornaci per laterizi, di un’azienda di arredamento e di un grande negozio di articoli in plastica e in gomma. Il suo corpo verrà trovato cinque giorni più tardi in una cascina nella campagna di Orbassano, con la testa fracassata a pietrate. Vengono imputati dell’omicidio, insieme ad altri, Govanni Cageggi, militante del gruppo terroristico Prima Linea, che morirà nel 1979 in uno scontro a fuoco con la polizia, e Rocco Lo Presti, già indicato come presunto boss mafioso della Valle di Susa. Il processo di primo grado si conclude nel 1978 con il proscioglimento, mentre in Appello Lo Presti viene riconosciuto colpevole e condannato a 26 anni di reclusione. La Cassazione rinvia però successivamente, per irregolarità, gli atti alla Corte d’Appello di Genova e il giudizio si conclude nel dicembre del 1982 con l’assoluzione per insufficienza di prove di Lo Presti.

− aprile 1975: A Cittanova (Reggio Calabria) in una faida tra la famiglia dei Facchineri, detti “le Bisce” e la famiglia dei Raso-Albanese, detti “i Targagni”, vengono uccisi da questi ultimi Michele, di 12 anni, e Domenico Facchineri, di 9 anni, figli di Vincenzo “u zoppu”. I due bambini conducevano al pascolo una mandria di maiali. Il piccolo Domenico fu trovato dai carabinieri in ginocchio con le mani giunte: aveva supplicato i suoi assassini di non sparare. La faida, che fu di inaudita violenza, fece più di cento morti tra gli anni Sessanta e Ottanta, senza esclusione di donne, bambini e anziani.

− 13 febbaio 1975: l’imprenditore Tullio De Micheli (61 anni), di ritorno dalla fonderia di Mornago di cui è titolare, viene rapito mentre rientra nella sua abitazione di Comerio (Varese). L’industriale viene ucciso durante il sequestro, ma il suo corpo non verrà mai ritrovato. Il 16 maggio del 1995, dopo vent’anni dal sequestro, vengono arrestate, su indicazione di un pentito, due delle persone ritenute responsabili non solo della scomparsa di De Micheli, ma anche di altri sequestri: Giuseppe Milan (63 anni), di Cadrezzate, e Domenico Comincio (50 anni), di Castaneo (Messina). Quest’ultimo però, dopo neppure un mese di detenzione, viene scarcerato su decisione del Tribunale della liberta’, che non ritiene sufficientemente attendibili le dichiarazioni del pentito che aveva consentito di identificare i responsabili del sequestro e dell’omicidio di De Micheli.

− 1 febbraio 1974: viene ucciso a Bari il macchinista delle ferrovie dello Stato Nicola Ruffo, mentre cercava di difendere la titolare di una tabaccheria nel corso di una rapina.

− 14 gennaio 1974: il clan Zagari, dell’anonima sequestri calabrese, rapisce a Buguggiate (Varese) il diciassettenne Emanuele Riboli mentre torna da scuola in bicicletta. Il padre era titolare di una carrozzeria per autocarri che aveva raggiunto un certo grado di benessere pur non essendo ricchissimo. Riboli viene ucciso dopo due mesi dal sequestro. I rapitori, dopo aver scoperto che nella valigetta contenente il denaro per il riscatto c’era nascosta una ricetrasmittente, gli procurano una morte atroce col veleno per poi gettarlo in pasto ai maiali e scioglierne le ossa nell’acido. I componenti del clan Zagari furono processati nel 1994 a seguito delle rivelazioni di Antonio Zagari, figlio del capo clan calabrese Giacomo Zagari.

− 10 gennaio 1974: viene ucciso a colpi di pistola, nella borgata palermitana di San Lorenzo, il maresciallo di polizia in pensione Angelo Sorino (62 anni), che collaborava con i colleghi della polizia in diverse indagini sulle organizzazioni locali di Cosa Nostra.

− 27 dicembre 1972: durante un agguato della terribile faida dei Facchineri contro gli Albanese, che insanguinò la Piana di Gioia Tauro, viene ucciso da un proiettile vagante a Cittanova (Reggio Calabria) il consigliere comunale del PCI Giovanni Ventra (54 anni). Colpito ad una gamba, Ventra more dissanguato sulla strada perché nessuno dei suoi concittadini osa uscire di casa per prestargli soccorso.

− 28 ottobre 1972: viene ucciso a Ragusa Giovanni Spampinato, di 27 anni, cronista del quotidiano “L’Ora”. L’esecutore del delitto è il giovane Roberto Campria, figlio del presidente del tribunale di Ragusa. Spampinato aveva condotto un’inchiesta sui rapporti tra mafia e gruppi eversivi neofascisti.

− 5 maggio 1971: vengono uccisi Pietro Scaglione, procuratore della repubblica di Palermo, e il suo autista Antonino Lo Russo. Scaglione si era attivamente adoperato per l’arresto del capomafia Luciano Liggio. È la prima volta dalla fondazione della Repubblica (2 giugno 1946) che la mafia colpisce un tutore della legge.

− 16 settembre 1970: viene rapito a Palermo e mai più ritrovato il giornalista Mauro De Mauro, del giornale “L’Ora”. De Mauro si accingeva a svolgere un’inchiesta sulla morte del Presidente dell’Eni Enrico Mattei.

− 27 aprile 1969: nel corso di un’operazione per la cattura degli autori di un’estorsione, viene ucciso nelle campagne di Altavilla Milicia (Palermo) il carabiniere Orazio Costantino.

− 24 marzo 1966: a Tusa (Messina) viene ucciso il sindacalista Carmelo Battaglia. Assessore comunale socialista, faceva parte della cooperativa di pascolo “Risveglio alesino”.

− 30 giugno 1963: a Villabate (Palermo), una giulietta imbottita di tritolo scoppia nella mattinata davanti al garage del capomafia Giovanni Di Peri, uccidendo assieme al guardiano del garage Pietro Cannizzaro il fornaio Giuseppe Tesauro che passava nel momento dell’esplosione. Nel pomeriggio dello stesso giorno ha luogo la strage di Ciaculli, una borgata di Palermo, divenuta il regno della famiglia mafiosa dei Greco. Era in corso una sanguinosa faida tra i Greco e i fratelli La Barbera. Una giulietta al tritolo, destinata ad esplodere vicino all’abitazione dei mafiosi della zona, scoppia uccidendo 7 rappresentanti delle forze dell’ordine, accorsi sul posto in seguito ad una chiamata telefonica. Muoiono il tenente dei carabinieri Mario Malausa, i marescialli dei carabinieri Silvio Corrao e Calogero Vaccaro, il maresciallo dell’esercito Pasquale Nuccio, i carabinieri Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il soldato Giorgio Ciacci. Dopo la strage viene resa operante la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia in Sicilia, che era stata richiesta fin dal 1948 e che fu costituita nel 1961.

− 27 ottobre 1962: muore in un misterioso incidente aereo Enrico Mattei, presidente dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi), impegnato in una politica energetica concorrenziale con quella delle grandi società petrolifere. Il suo aereo personale precipita a Bascapè (Pavia). Le prime inchieste giudiziarie non riuscirono a chiarire le cause dell’incidente, ma nel 2005 è stato riconosciuto che esso fu di natura dolosa e che la mafia avesse avuto un ruolo determinante nella sua preparazione.

− 2 luglio 1962: viene ucciso a Bagheria (Palermo) il bracciante Giacinto Puleo.

− 18 gennaio 1961: a Tommaso Natale, borgata di Palermo, nel corso della faida mafiosa tra le famiglie Cracolici e Riccobono, viene ucciso il tredicenne Paolino Riccobono. Il padre era stato ucciso il 16 novembre del 1957, suo fratello Giuseppe era stato sequestrato ed ucciso nel 1960. La faida tra le famiglie di Tommaso Natale e di Cardillo andava avanti dal 1953. Nel ’66, un pentito ante litteram, certo Simone Mansueto, dichiarò di conoscere i nomi degli assassini del piccolo Paolino. Venne insultato, vituperato, emarginato persino dalla moglie e dichiarato pazzo. Molti anni dopo lo si vedeva andare al Palazzo di Giustizia per chiedere qualche spicciolo a Cesare Terranova, uno dei pochi che aveva creduto alla sua versione dei fatti. Di lui si è persa ogni traccia. Per l’uccisione di Paolino venne condannato a trent’anni Giovanni Chifari, soprannominato “crozza munnata” (cranio pelato)

− 20 settembre 1960: A Lucca Sicula (Agrigento) viene ucciso Paolo Bongiorno, dirigente, fin da tempi dei Fasci siciliani, del movimento contadino agrigentino.

− 5 maggio 1960: a Termini Imerese (Palermo), sui binari della galleria in località Fossola, viene trovato il corpo senza vita di Cosimo Cristina (25 anni), fondatore a Palermo del periodico Prospettive Siciliane e corrispondente del giornale “L’Ora” di Palermo, del “Giorno” di Milano, del “Messaggero” di Roma, del “Gazzettino di Venezia e dell’agenzia Ansa. Il Cristina si era occupato di varie inchieste, come quella sul comune di Termini, dove qualcuno percepiva straordinari iperbolici, e quella sui frati di Mazzarino, tre balordi religiosi legati alla mafia, che negli anni ’50 del Novecento estorcevano denaro a civili ed ecclesiastici, facendo uccidere chi non esaudiva le loro richieste. Cosimo Cristina fu rinvenuto cadavere il 5 maggio dal guardalinee Bernardo Rizzo di Roccapalumba. Tra i primi ad accorrere sul luogo del ritrovamento fu proprio il padre del giovane, che era un impiegato delle Ferrovie. Il corpo era stato disposto in modo da far apparire che si fosse trattato di un suicidio, e così gli inquirenti conclusero. Tuttavia, sei anni dopo la morte, prima i parenti, poi i colleghi de L’Ora di Palermo, quindi il coraggioso giornalista Mario Francese (anch’egli successivamente vittima della mafia), fecero sì che il caso venisse riaperto, ma nonostante le evidenze conducessero il vice questore di Palermo, Angelo Mangano, a concludere che si fosse trattato di simulazione di suicidio, il suo esplosivo rapporto venne neutralizzato dal referto autoptico, poi risultato contraddittorio. Mangano aveva accusato il consigliere della Democrazia Cristiana Agostino Rubino, uno dei capimafia di Termini, e il boss Santo Gaeta di essere stati i mandanti del delitto, ma i due imputati vennero scagionati a seguito degli esiti dll’autopsia.

− 30 marzo 1960: Agrigento. Un sicario della mafia spara alle testa e uccide il commissario di polizia Cataldo Tandoj (47 anni), che passeggiava in compagnia della moglie Leila Motta nel centralissimo viale della Vittoria di Agrigento. Il commissario era stato appena trasferito da Agrigento a Roma ed era tornato nella città dei templi per organizzare il trasloco. Rimane ucciso anche un giovane studente di passaggio, Antonio Damanti, di 17 anni. I mafiosi temevano che il commissario, una volta stabilitosi nella capitale, potesse rivelare informazioni riguardanti delitti e attività mafiose nella zona.

− 26 ottobre 1959: a Godrano (Palermo), in un conflitto a fuoco tra bande mafiose rivali rimangono uccisi Antonino Pecoraro, di 10 anni, e il fratello diciannovenne Vincenzo. Nella sparatoria vennero feriti anche il padre dei due ragazzi, Francesco, e il compaesano Demetrio Pecorino.

− 18 settembre 1959: cade uccisa a Palermo, durante una sparatoria tra mafiosi, la tredicenne Giuseppina Savoca.

− 26 giugno 1959: viene uccisa a Palermo Anna Prestigiacomo, di 15 anni, forse per vendetta nei confronti del padre, ritenuto un confidente dei carabinieri.

− 23 marzo 1957: viene ucciso a Camporeale (Palermo) Pasquale Almerico, sindaco democristiano della città. Viene anche ferito il fratello, mentre un passante, Antonino Pollari, rimane ucciso. Pasquale Almerico si opponeva all’ingresso di mafiosi nel partito e su tale questione aveva fatto appello al segretario provinciale Giovanni Gioia, senza tuttavia ricevere risposta. Venne indiziato del delitto il capomafia Vanni Sacco, che fu assolto per insufficienza di prove.

− 13 agosto 1955: viene ucciso Giuseppe Spagnolo, dirigente del movimento contadino e sindaco comunista di Cattolica Eraclea (Agrigento).

− 16 maggio 1955: Sciara (Palermo), viene assassinato il sindacalista Salvatore Carnevale, impegnato nelle lotte contadine e operaie. La madre del sindacalista, Francesca Serio, indica come responsabili del delitto i mafiosi della zona e, affiancata da Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, si costituisce parte civile nel processo. Difensore degli imputati in Cassazione è invece Giovanni Leone, che sarà anche lui presidente della Repubblica. I mafiosi incriminati vengono condannati in primo grado e assolti in appello.

− 7 agosto 1952: il contadino Filippo Intile viene ucciso a colpi d’accetta nelle campagne di Caccamo (Palermo). In base ad un decreto del ministro Fausto Gullo dell’ottobre 1944, l’agricoltore voleva dividere il prodotto dei campi trattenendone per sé, come mezzadro, il 60% e destinandone al proprietario il 40%, mentre gli agrari e i mafiosi pretendevano di dividere ancora al 50%.

− 21 agosto 1949: la banda Giuliano uccide a Sancipirello (Palermo) i carabinieri Giovanni Calabrese e Giuseppe Fiorenza.

− 19 agosto 1949: Strage di Bellolampo (Palermo). Un automezzo militare viene fatto saltare in aria dalla banda Giuliano. Muoiono 7 carabinieri: Giovan Battista Aloe, Armando Loddo, Sergio Mancini, Pasquale Marcone, Antonio Pabusa, Gabriele Palandrani, Ilario Russo. 11 sono i feriti.

− 2 luglio 1949: cadono in un agguato della banda Giuliano a Portella della Paglia (Palermo) gli agenti di Pubblica sicurezza Carmelo Agnone, Candeloro Catanese, Carmelo Lentini, Michele Marinaro, Quinto Reda.

− 16 dicembre 1948: in un agguato della banda Giuliano cade ucciso il brigadiere di PS Giovanni Tasquier e tre agenti vengono feriti.

− 3 settembre 1948: la banda Giuliano uccide a Partinico (Palermo) il capitano dei carabinieri Antonino Di Salvo, il maresciallo Nicola Messina e il commissario di Pubblica Sicurezza Celestino Zapponi.

− 11 giugno 1948: Partinico (Palermo), i banditi della banda Giuliano uccidono il possidente Marcantonio Giacalone e il figlio Antonio, in quanto si erano rifiutati di versare loro una somma di denaro.

− 2 aprile 1948: assassinato a Camporeale (Palermo) Calogero Cangelosi, segretario di Confederterra e referente socialista dei militanti del movimento contadino Vito Di Salvo e Vincenzo Liotta. Il delitto era stato preceduto da intimidazioni, e nel paese, tenuto in proprio potere dal capomafia Vanni Sacco, si erano registrati diversi fatti allarmanti, come minacce e attentati a dirigenti del movimento contadino e incendi della sezione socialista. L’assassinio Cangolesi si aggiunge alla lunga lista dei delitti rimasti impuniti.

− 10 marzo 1948: Corleone (Palermo), viene ammazzato, dopo essere stato rapito il 10 marzo, Placido Rizzotto, reduce di guerra col grado di sergente, ex partigiano delle Brigate Garibaldi appartenente all’associazione ANPI di Palermo, socialista e segretario della Camera del lavoro impegnato nelle lotte contadine. Il pastorello Giuseppe Letizia (13 anni), che aveva assistito di nascosto all’esecuzione di Rizzotto, vedendo in faccia gli assassini, viene trovato delirante e in stato di shock dal padre, che lo trasporta all’Ospedale Dei Bianchi diretto dal medico Navarra, il capomafia mandante dell’uccisione di Rizzotto. In ospedale il ragazzo, nei momenti di lucidità concessigli dai deliri di una forte febbe, raccontò di aver visto assassinare nella notte un contadino nella campagna di Corleone. Il piccolo Giuseppe muore in stato di forte intossicazione a seguito delle “cure” prestategli dal medico capomafia Michele Navarra e dal dottor Ignazio Dell’Aira, che lo uccidono praticandogli un’iniezione letale di sostanza venefica. Ufficialmente il ragazzo morì per tossicosi. Le indagini sugli omicidi furono condotte dall’allora capitano dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. Vennero arrestati Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, che confessarono di aver preso parte al rapimento di Rizzotto in concorso con Luciano Liggio, luogotenente di Michele Navarra, e rimasto latitante fino al 1964. Furono tutti assolti per mancanza di prove, dopo che Collura e Criscione ebbero ritrattato le loro confessioni in sede processuale. Le testimonianze di Collura permisero comunque il ritrovamento di alcuni resti del corpo del sindacalista, che era stato gettato da Liggio nelle foibe di Rocca Busambra, nelle campagne di Corleone.

− 2 marzo 1948: viene ucciso nelle campagne di Petralia Soprana (Palermo) Epifanio Li Puma, dirigente socialista del movimento contadino per l’occupazione delle terre incolte, oppostosi all’ingresso dei mafiosi nella cooperativa “La madre terra”.

− 4 gennaio 1948: nelle campagne tra Palermo e Trapani, il confidente di polizia Carlo Gulino e il nipotino Francesco di 3 anni vengono ammazzati dai banditi della banda Giuliano.

− 21 novembre 1947: viene ferito a Partinico (Palermo), dai banditi di Giuliano, il tenente colonnello Luigi Geronazzo, che muore pochi giorni dopo.

− 8 novembre 1947: Marsala (Trapani), uccisione di Vito Pipitone, segretario della Confederterra, impegnato nelle lotte contadine.

− 3 novembre 1947: viene ucciso a San Giuseppe Jato (Palermo), Calogero Caiola, chiamato dai giudici a testimoniare per la strage di Portella.

− 22 giugno 1947: nella provincia di Palermo, vengono sferrati attacchi con armi da fuoco e bombe a mano alle sezioni del Partito comunista di Partinico, di Borgetto e di Cinisi, alle sedi delle Camere del lavoro di Carini e di San Giuseppe Jato e alla sezione del Partito socialista di Monreale. A Partinico vengono colpiti a morte Giuseppe Casarrubea e Vincenzo Lo Jacono e viene trovato un volantino firmato dal bandito Giuliano che invita i siciliani a lottare “contro la canea dei rossi”, annunciando la costituzione di un quartiere generale di lotta contro il bolscevismo, e promettendo sussidi a quanti si sarebbero presentati per l’arruolamento presso il feudo Sagana, divenuto sede della formazione militare.

− 9 maggio 1947: Nelle campagne di Partinico (Palermo) viene ritrovato il corpo del contadino Michelangelo Salvia, ucciso con colpi di arma da fuoco da mafiosi del luogo.

− 1 maggio 1947: massacro di Portella della Ginestra (collina vicino Palermo). Nel pianoro tra Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello, dove fin dai tempi dei Fasci siciliani si manifestava per il primo maggio, la banda Giuliano, appostata sulle alture circostanti, apre improvvisamente il fuoco su una folla di contadini che celebra la festa del lavoro e la vittoria ottenuta dalle sinistre, coalizzatesi nel Blocco del Popolo, alle prime elezioni regionali del 20 aprile. Le fonti ufficiali riferirono di 11 morti e 27 feriti, ma in realtà i morti furono di più. Alcuni, infatti, morirono successivamente per le ferite riportate nell’agguato, mentre il numero dei feriti fu dai 33 a 65. Morirono sul luogo dell’agguato: Margherita Clesceri (madre di sei figli e incinta), Giorgio Cusenza, Castrense Intravaia (di 18 anni), Vincenzina La Fata (di 8 anni), Serafino Lascari (di 15 anni), Giovanni Megna, Francesco Vicari. Morirono pochi giorni dopo: Vito Allotta (di 19 anni), Giuseppe Di Maggio (di 13 anni), Filippo Di Salvo, Giovanni Grifò (di 12 anni). Morirono successivamente: Provvidenza Greco, Vincenza Spina. Il contadino Vincenzo La Rocca, padre di Cristina, una bambina di 9 anni ferita a Portella (un esame radiografico del 1997 ha rilevato nel suo corpo la presenza di un frammento metallico, probabilmente una scheggia di granata), si recò a piedi, con la figlia sulle spalle, a San Cipirello, dove morì qualche settimana dopo. Tra i morti del primo maggio c’è anche il campiere Emanuele Busellini, che venne ucciso dai banditi lungo la strada, mentre si recavano sul luogo della strage.

− 13 febbraio 1947: Villabate (Palermo), viene ucciso il sindacalista Nunzio Sansone.

− 17 gennaio 1947: Ficarazzi (Palermo), viene ucciso Pietro Macchiarella, militante del Partito comunista, impegnato nelle lotte contadine.

− 4 gennaio 1947: Sciacca (Agrigento), viene ucciso Accursio Miraglia, segretario della Camera del lavoro e dirigente comunista. Anche questo delitto, come del resto tutti gli omicidi di dirigenti e militanti del movimento contadino, è rimasto impunito.

− 21 dicembre 1946: Nicolò Azoti, segretario della Camera del lavoro, è fatto oggetto di un attentato a Baucina (Palermo). Muore il 23 dicembre. Otto giorni prima era stato avvicinato con toni minacciosi dal gabellotto del feudo Traversa, che i contadini chiedevano in concessione.

− 28 novembre 1946: Calabricata (Crotone), un campiere uccide Giuditta Levato, di 31 anni, madre di due figli e incinta, protagonista delle lotte contadine di Calabria.

− 25 novembre 1946: Joppolo (Agrigento) viene ucciso Giovanni Severino, segretario della Camera del lavoro.

− 2 novembre 1946: nelle campagne di Belmonte Mezzagno (Palermo), tredici banditi uccidono, sparando loro alla nuca, i fratelli Giovanni, Vincenzo e Giuseppe Santangelo, contadini. Con loro erano due ragazzi, che i banditi fecero allontanare durante l’esecuzione.

− 22 ottobre 1946: Santa Ninfa (Trapani) viene ucciso Giuseppe Biondo, mezzadro iscritto alla Federterra. Lottava per l’applicazione della legge sulla divisione del prodotto al 60% per il mezzadro e al 40% per il proprietario. Sfrattato illegalmente dal proprietario del terreno, era tornato a lavorarvi.

− 6 ottobre 1946: Castronovo (Palermo), una bomba viene lanciata tra la folla durante un comizio per le elezioni comunali: 3 morti e 17 feriti.

− 22 settembre 1946: Alia (Palermo), mentre si svolge una riunione di contadini in casa del segretario della Camera del lavoro, per discutere delle possibilità, in seguito ai decreti Gullo, di assegnare i feudi Raciura e Vacco alle cooperative di contadini, ignoti lanciano bombe a mano all’interno della casa e spararono colpi di lupara, lasciando uccisi i contadini Giovanni Castiglione e Girolamo Scaccia e ferendo altre 13 persone.

− 28 giugno 1946: mentre si reca a cavallo da Riesi (Caltanissetta) al feudo Deliella, fatto motivo di vessazioni dei gabellotti mafiosi sui contadini del luogo, viene ucciso a soli 27 anni, a colpi di lupara, Pino Camilleri, sindaco socialista di Naro (Agrigento) e dirigente del movimento contadino.

− 16 maggio 1946: Favara (Agrigento), viene ucciso il farmacista Gaetano Guarino, sindaco socialista della città. Nelle elezioni comunali del marzo precedente si era candidato nella lista del Blocco del popolo che aveva ottenuto grande suffragio di voti.

− 26 aprile 1946: nella notte tra il 25 e il 26 aprile, A San Cipirello (Palermo). I banditi della banda Giuliano, pongono in atto un’esecuzione in piena regola, uccidendo i fratelli Giuseppe e Mario Misuraca, e ferendo il terzo fratello Salvatore e il cognato di questi Salvatore Cappello, i quali si erano allontanati dalla banda ed avevano cominciato a collaborare con la giustizia.

− 26 marzo 1946: Nelle campagne di Pioppo, una frazione di Monreale (Palermo), viene trovato il corpo del carabiniere Francesco Sassano, e accanto un foglio con la scritta: “Questa è la fine delle spie. Giuliano”.

− 7 marzo 1946: viene ucciso a Burgio (Agrigento), il segretario della Camera del lavoro Antonino Guarisco, e con lui una passante di nome Marina Spinelli.

− 28 gennaio 1946: nelle campagne di Gela (Caltanissetta), in un agguato della banda dei Niscemesi, rimangono uccisi 8 carabinieri: Vincenzo Amenduni, Fiorentino Bonfiglio, Mario Boscone, Emanuele Greco, Giovanni La Brocca, Vittorio Levico, Pietro Loria, Mario Spampinato. I loro corpi, gettati in una miniera, saranno ritrovati il 25 maggio del ’46.

− 18 gennaio 1946: Nei pressi di Montelepre (Palermo), in un’imboscata tesa dalla banda Giuliano, perdono la vita i militari Vitangelo Cinquepalmi, Vittorio Epifani, Angelo Lombardi e Imerio Piccini.

− 8 gennaio 1946: Partinico (Palermo), il carabiniere Vincenzo Miserendino viene ucciso banditi affiliati alla banda Giuliano.

− 4 dicembre 1945: Ventimiglia (Palermo), viene assassinato Giuseppe Puntarello, segretario della locale sezione del Partito comunista, impegnato a sostegno del movimento contadino siciliano.

− 18 novembre 1945: Cattolica Eraclea (Agrigento), in un conflitto a fuoco con i mafiosi rimane ucciso il segretario della Camera del Lavoro Giuseppe Scalia e viene ferito il vicesindaco socialista della città Aurelio Bentivegna.

− 16 ottobre 1945: Nei pressi di Niscemi (Caltanissetta), in un conflitto a fuoco con banditi locali, cadono tre i carabinieri Michele Di Miceli, Mario Paoletti e Rosario Pagano.

− 18 settembre 1945: Palma di Montechiaro (Agrigento), perdono la vita in un conflitto a fuoco con dei banditi, i carabinieri Calogero Cicero e Fedele De Francisca.

− 11 settembre 1945: Ficarazzi (Palermo), viene ucciso Agostino D’Alessandria, segretario della Camera del lavoro e guardiano di pozzi idrici municipali. Aveva avviato una lotta contro il controllo mafioso dell’acqua per l’irrigazione dei giardini.

− 20 giugno 1945: San Giuseppe Jato (Palermo), viene ucciso dalla banda Giuliano il maresciallo dei carabinieri Filippo Scimone.

− 7 giugno 1945: Trabia (Palermo), Nunzio Passafiume, sindacalista, viene ucciso dalla mafia della zona di Trabia-Casteldaccia, che contrasta con ogni mezzo il movimento contadino e popolare ed è tra i primi gruppi di Cosa Nostra a battere la strada della violenza omicida.

− 28 marzo 1945: Corleone (Palermo), viene uccisa la guardia campestre Calogero Comajanni, che aveva denunciato un furto commesso dall’ancora giovane Luciano Liggio.

− 1944-1966: lotta per l’occupazione delle terre contro la mafia che spalleggia gli agrari, muoiono 38 sindacalisti, uccisi da campieri, guardaspalle e boss emergenti. Si ricordano Andrea Raja (ucciso il 6-8-1944), Nunzio Passafiume (ucciso il 7/6/1945), Accursio Miraglia (ucciso il 4/1/1947), Placido Rizzotto (ucciso il 10/3/1948), Salvatore Carnevale (ucciso il 6/3/1955), Paolo Bongiorno (ucciso il 20/7/1960), Carmelo Battaglia (ucciso il 24/3/1966).

− 6 agosto 1944: Casteldaccia (Palermo), viene fatto uccidere dalla mafia Andrea Raia, militante comunista e componente del comitato di controllo sui granai del popolo.

− 27 maggio 1944: Regalbuto (Enna), nel corso di disordini creatisi in occasione di un raduno separatista, viene ucciso Santi Milisenna, segretario della federazione comunista di Enna.

− 29 marzo 1944: Partinico (Palermo), durante una manifestazione contro il carovita, un colpo d’arma da fuoco sparato da un carabiniere spaventato, lascia al suolo senza vita, con un foro al centro della testa, lo studente Lorenzo Pupillo di 16 anni. Dopo pochi minuti, un facinoroso lancia una bomba a mano tra la folla, colpendo il maresciallo Benedetto Scaglione, che stava rientrando in caserma dopo aver fatto servizio all’Esattoria Comunale, e che muore dissanguato tra la folla, minacciata dai banditi affinché nessuno intervenisse.

− 10 giugno 1922: Erice (Trapani), sulla strada provinciale per Monte San Giuliano, viene ucciso Sebastiano Bonfiglio, sindaco di Erice e membro della direzione del Partito socialista, uno dei più significativi organizzatori delle lotte contadine e della resistenza antifascista.

− 16 febbario 1922: Paceco (Trapani), viene ucciso in località Dattilo il consigliere comunale socialista Antonino Scuderi, che era anche segretario della locale Società Agricola Cooperativa diretta da Giacomo Spatola.

− 16 gennaio 1922: Paceco (Trapani), vengono uccisi Domenico Spatola, militante comunista, e Mario e Pietro Paolo Spatola, cugini del primo e figli di Giacomo Spatola, dirigente comunista e della locale società agricola cooperativa, nonché protagonista delle lotte contadine fin dai Fasci siciliani.

− 4 maggio 1921: Piana dei Greci (Palermo), vengono uccisi i militanti socialisti Vito e Giuseppe Cassarà.

− 28 aprile 1921: viene ucciso a Palermo, nella Piana degli Albanesi (detta anche dei Greci), il presidente della Lega dei contadini Vito Stassi, soprannominato Carusci, uno dei maggiori esponenti delle lotte contadine per l’assegnazione delle terre incolte.

− 19 febbraio 1921: Nelle campagne di Salemi (Trapani), viene ucciso il contadino socialista Pietro Ponzo, impegnato nelle lotte contadine fin dai Fasci siciliani e presidente della Cooperativa Agricola di Salemi.

− 29 gennaio 1921: Il circolo socialista della città di Vittoria, in provincia di Ragusa, viene devastato da gruppi fascisti estremisti uniti ad affiliati della mafia locale, ed uccidono il contadino, consigliere comunale di Vittoria, Giuseppe Compagna.

− 26 dicembre 1920: A Casteltermini (Agrigento), quattro persone incappucciate lanciano una bomba all’interno della sezione socialista del paese, in via Nazario Sauro, provocando la morte del professor Giuseppe Zaffuto (24 anni), segretario locale del partito, e di quattro contadini: Gaetano Circo (67 anni), Calogero Faldetta (24 anni), Carmelo Minardi (42 anni), Salvatore Varsalona (59 anni). Gli inquirenti sospettarono come responsabili del delitto i mafiosi della Valle del Platani.

− 27 novembre 1920: Ghibellina (Trapani), viene ucciso l’arciprete Stefano Caronia, organizzatore della sezione locale del Partito popolare, che aveva contrastato la mafia chiedendo di controllare personalmente l’esazione dei censi enfiteutici ecclesiastici.

− 27 ottobre 1920: nella cittadina di Vita, in provincia di Trapani, viene ucciso Giuseppe Monticciuolo, presidente della Lega per il miglioramento agricolo, uno tra i maggiori esponenti della lotta contadina siciliana.

− 14 ottobre 1920: nel in corso Vittorio Emanuele di Palermo, viene assassinato con un colpo di pugnale Giovanni Orcel, Segretario della Fiom, il sindacato dei metalmeccanici, che con Nicolò Alongi era politicamente impegnato a sostegno del movimento operaio e contadino di Sicilia.

− 3 ottobre 1920: nella città di Noto, in privincia di Siracusa, viene uccisio il sindacalista socialista Paolo Mirmina, impegnato nelle lotte dei contadini siciliani e nella difesa della democrazia.

− 30 settembre 1920: nella frazione di Palermo denominata Raffo di Petralia Soprana, vengono uccisi Paolo Li Puma e Croce Di Gangi, consiglieri comunali socialisti.

− 29 febbraio 1920: Prizzi (Palermo) viene ucciso il dirigente del movimento contadino Nicolò Alongi. La dirigente socialista Maria Giudice e il segretario del sindacato dei metalmeccanici di Palermo Giovanni Orcel indicano come mandante dell’assassinio il capomafia di Prizzi, Silvestro Gristina, il quale era già stato indicato dallo stesso Alongi come responsabile di monacce nei suoi confronti, ma il delitto rimarrà impunito.

− 19 dicembre 1919: Barrafranca (Enna) viene uccisio il presidente della Lega per il miglioramento agricolo Alfonso Canzio, organizzatore delle lotte contadine per l’esproprio dei latifondi.

− 22 settembre 1919: Prizzi (Palermo), viene ucciso Giuseppe Rumore, segretario della Lega contadina.

− 6 luglio 1919: Resuttano (Caltanissetta), muore l’arciprete Costantino Stella, accoltellato il 29 giugno sulla porta di casa da un sicario della mafia rimasto sconosciuto. Don Stella era un prete impegnato nel sociale, fondatore della Cassa rurale e artigiana.

− 29 gennaio 1919: Corleane (Palermo), viene assassinato Giovanni Zangara, dirigente del movimento contadino e assessore comunale della giunta socialista.

− febbraio 1916: Palermo, borgata di Ciaculli, viene ucciso il sacerdote Giorgio Gennaro, che aveva denunciato il ruolo dei mafiosi nell’amministrazione delle rendite ecclesiastiche.

− 3 novembre 1915: viene ucciso a Corleone (Palermo) Bernardino Verro, uno dei principali organizzatori del movimento contadino fin dai tempi dei Fasci siciliani, dirigente del Partito socialista e sindaco del paese.

− 20 maggio 1914: Piana dei Greci (Palermo), viene assassinato il dirigente socialista Mariano Barbato assieme al cognato Giorgio Pecoraro. Mariano Barbato era cugino di Nicola Barbato, uno dei dirigenti più in vista del movimento contadino siciliano.

− 16 maggio 1911: viene ucciso a Santo Stefano Quisquina (Agrigento), Lorenzo Panepinto, dirigente del movimento contadino e del Partito socialista. Sospettato dell’omicidio è il gabelloto Giuseppe Anzalone, figlioccio del Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile. Il processo, svoltosi a Catania, vide l’abbandono degli avvocati di parte civile e si concluse con l’assoluzione dell’imputato.

− 12 marzo 1909: viene ucciso a Palermo, in Piazza Marina, il tenente di polizia italo-americano Joe Petrosino, nato a Padula (SA) il 30 agosto 1860, inviato in Sicilia dal governo statunitense per indagare sulla Mano Nera, una potente organizzazione mafiosa attiva tra Italia e Nord America. Responsabile e indiziato dell’omicidio fu il capomafia Vito Cascio Ferro, ma il delitto è rimasto impunito.

− 12 gennaio 1906: viene ucciso a Corleone (Palermo) il medico Andrea Orlando, che aveva sostenuto le lotte dei contadini per le affittanze collettive e per il rinnovo dell’amministrazione comunale.

− 14 ottobre 1905: a Corleone (Palermo) viene ucciso Luciano Nicoletti, bracciante, impegnato nelle lotte dei Fasci siciliani e per le affittanze collettive.

− 27 dicembre 1896: viene uccisa a Palermo Emanuela Sansone, 17 anni, figlia della bettoliera Giuseppa Di Sano. I mafiosi sospettavano che la madre della ragazza li avesse denunciati per la loro attività di falsari.

− 1 febbraio 1893: nel tragitto tra Termini Imerese e Trabia, viene assassinato in treno con 27 colpi di pugnale il marchese Emanuele Norarbartolo di San Giovanni, eminente uomo politico italiano, che aveva ricoperto le cariche di sindaco di Palermo e di direttore del Banco di Sicilia, impegnato nella lotta contro le speculazioni della mafia e la collusione tra mafia e politica. I suoi assassini furono Matteo Filippello e Giuseppe Fontana, affiliati alla mafia siciliana.

− 10 ottobre 1892: viene ucciso a fucilate nella piazza di Mezzojuso, nella provincia di Palermo, il consulente legale Francesco Gebbia, consigliere di opposizione del Comune della sua città.

− 12 marzo 1871: viene ucciso con una fucilata al petto nella piazza del comune di Vittoria, in provincia di Ragusa, Mario Pàncari, un giovane molto stimato dai suoi concittadini che aspirava alla carica di sindaco della sua città. Il mandante dell’assassinio fu Giambattista Mazza-Iacono del clan Iacono.

− 3 agosto 1863: in un agguato rimasto impunito viene assassinato a Palermo il patriota Giovanni Corrao, un calafato del porto di Palermo che si era unito ai Mille di Garibaldi. Per la prima volta si fa uso del termine mafia.

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VITTIME DELLE FORZE DELL’ORDINE

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− 9 aprile 1969: durante una manifestazione a Battipaglia (Salerno) per la chiusura di due stabilimenti, quello della manifattura dei tabacchi e lo zuccherificio, che davano lavoro a 800 operai, la folla, costituita da tremila dimostranti, blocca ferrovie, strade e autostrade e assalta il municipio. I reparti di polizia sparano sui manifestanti ferendo 200 persone, mentre rimangono uccisi Teresa Ricciardi, che si era affacciata al balcone, e Carmine Citro, che si trovava per strada. A seguito di questi fatti le aziende furono riaperte, mentre i sindacati organizzano uno sciopero nazionale che avviò le lotte operaie alla Fiat.

− 2 dicembre 1968: Avola (Siracusa). Durante uno sciopero di braccianti, le forze dell’ordine sparano sui manifestanti, uccidendo Angelo Sigona e Giuseppe Scibilia e ferendo 48 persone.

− 5-8 luglio 1960: durante le manifestazioni contro il governo di destra presieduto da Fernando Tambroni, la polizia spara sui manifestanti. Muoiono: il 5 luglio a Licata (Agrigento), Vincenzo Napoli; il 7 luglio a Reggio Emilia, Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Emilio Reverberi, Marino Serri, Afro Tondelli; l’8 luglio a Palermo, Andrea Gangitano, Rosa La Barbera, Giuseppe Malleo, Francesco Vella; e a Catania, Salvatore Novembre.

− 9 settembre 1957: durante una manifestazione di contadini a San Donaci (Brindisi), la polizia spara sulla folla, uccidendo Mario Calò, Luciano Valentini e una donna, Antonia Calignano, uscita di casa per mettere al sicuro i suoi bambini.

− 16 febbraio 1954: A Mussomeli (Caltanissetta), durante una manifestazione di protesta per la mancanza d’acqua, le forze dell’ordine lanciano bombe lacrimogene contro la folla. Restano uccisi nella ressa 4 persone: Giuseppina Valenza, di 72 anni; Onofria Pellicceri, madre di otto figli; Vincenza Messina, di 25 anni, madre di tre figli e incinta; Giuseppe Cappalonga, di 16 anni.

− 9 gennaio 1950: nel corso di uno sciopero a Modena, la polizia spara sulla folla, ferendo circa 200 operai ed uccidendone 6: Arturo Chiappelli, Angelo Appiani, Roberto Rovatti, Ennio Garagnani, Renzo Bersani, Arturo Malagoli, e ferendone circa 200.

− 17 maggio 1949: durante uno sciopero a Molinella (Bologna), Maria Margotti, di 34 anni, mondina, vedova di guerra e madre di due bambine, viene uccisa dal carabiniere Francesco Galati, mentre torna a casa con un gruppo di compagni, dopo avere ottenuto il permesso dai “crumri” ingaggiati dagli agrari, di potersi astenere dal lavoro per partecipare alla manifestazione. Il carabiniere fu condannato a sei mesi.

− 4 aprile 1949: il bracciante Francesco La Rosa muore durante un interrogatorio nella caserma dei carabinieri a Mazara del Vallo (Trapani).

− 13 aprile 1948: ad Andria (Bari) la polizia spara sui contadini che manifestano per l’assegnazione delle terre. Cade ucciso il bracciante Riccardo Suriano.

− 21 dicembre 1947: durante una manifestazione di disoccupati a Canicattì (Agrigento), un carabiniere spara sulla folla, accendendo un conflitto in cui cadono i manifestanti Domenico Amato, Angelo Laura e Salvatore Lupo. Viene anche ferito il carabiniere Giuseppe Iannolino, che morirà quattro giorni più tardi.

− 13 aprile 1947: A Petilia Policastro (Catanzaro), nel corso di una manifestazione di contadini, la polizia spara uccidendo Francesco Mascaro e Isabella Carvelli e ferendo molti altri manifestanti.

− 7 marzo 1947: a Messina, durante una manifestazione contro il carovita, i carabinieri, al grido “Avanti Savoia” (c’era già la Repubblica) sparano sulla folla. Uccisi i manifestanti Biagio Pellegrino e Giuseppe Maiorana. 15 i feriti.

− 19 ottobre 1944: Palermo, durante una manifestazione contro il carovita, l’esercito spara sulla folla davanti alla Prefettura, ferendo 150 manifestanti e ammazzandone 24, tra cui molti ragazzi. Nel 1994, in occasione del cinquantesimo anniversario della strage, è stata scoperta una lapide a Palazzo Comitini, prima sede della Prefettura ed ora della Provincia, che riporta i nomi di 24 caduti: Giuseppe Balistreri (16 anni), Vincenzo Buccio (22 anni), Vincenzo Cacciatore (di anni 38), Domenico Cordone (16 anni), Rosario Corsaro (di anni 30), Michele Damiano (12 anni), Natale D’Atria (di anni 28), Giuseppe Ferrante (di anni 18), Vincenzo Galatà (di anni 19), Carmelo Gandolfo (di anni 25), Francesco Giannotta (di anni 22), Salvatore Grifati (9 anni), Eugenio Lanzarone (di anni 20), Gioacchino La Spisa (anni 17), Rosario Lo Verde (anni 17), Giuseppe Maligno (anni 22), Erasmo Midolo (di anni 19), Andrea Oliveri (di anni 15), Salvatore Orlando (di anni 17), Cristina Parrinello (di anni 68), Anna Pecoraro (di anni 37), Vincenzo Puccio (di anni 22), Giacomo Venturelli (di anni 70), Aldo Volpes (di anni 23).

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VITTIME DEL TERRORISMO POLITICO

− xxxxxx: in elaborazione xxxxxxxxxxxxxxxxx

− 10 luglio 1976: viene assassinato a Roma il sostituto procuratore Vittorio Occorsio, colpito con raffiche di mitra da Pierluigi Concutelli, esponente di rilievo di Ordine Nuovo. Stava indagando sul riciclaggio del denaro proveniente dai sequestri di persona, sul terrorismo, sugli apparati deviati del Sifar (Servizio Segreto delle Forze Armate), sulla loggia massonica P2 e sui rapporti di questa organizzazione segreta col terrorismo e la criminalità organizzata.

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VITTIME DELL’IRRESPONSABILITA’

Sono qui indicati solo alcuni casi.

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− 18 dicembre 1982: Torre del Greco (Napoli), le due sorelline Luisa (11 anni) e Angela Mennella (13 anni) muoiono travolte dalla furia di un torrente d’acqua piovana mentre percorrono per andare a scuola l’Alveo Cavallo, un canalone adibito a strada. Il corpo di Luisa fu ritrovato il 27 dicembre da una donna che abitava nei pressi del Laghetto, una piccola spiaggia sul litorale di Torre del Greco, dove galleggiava senza vita sballottato dai flutti contro la scogliera antistante l’arenile, a un chilometro circa di distanza da via Alveo Cavallo, dopo essere stato trasportato nelle condotte sotterranee del sistema fognario della città. Qualche mese più tardi fu ritrovato anche il corpo di Angela, tra Capo Miseno e Procida. Da circa un anno, successivamente alla vicenda di Vermicino, il prefetto aveva sollecitato con una circolare le amministrazioni pubbliche a segnalare e rimuovere ogni situazione di pericolo nelle città. Oltre duemila persone manifestarono nei giorni successivi per via Cavallo e davanti al Palazzo comunale.

− 13 giugno 1981: mercoledì 10 giugno, alle ore 19:00, in località Selvotta, nella campagna di Frascati, lungo la via di Vermicino, Alfredino Rampi (6 anni) cade in un pozzo artesiano largo 28 cm e profondo 80 metri, rimanendovi imprigionato per 4 giorni. Nonostante i soccorsi subito approntati e la notevole resistenza del bambino, la morte per lui sopraggiunge per asfissia e congelamento alle ore 18:30 del 13 giugno sul fondo del pozzo. Il corpo poté venire recuperato solo l’11 luglio, cioè a ben 28 giorni di distanza dalla morte di Alfredino, per opera dei minatori della miniera di Gavorrano, che scavarono un pozzo parallelo a quello in cui si trovava il bambino. La vicenda riscosse grande risonanza mediatica, tanto da stimarsi che in quella occasione seguirono la cronaca degli eventi circa 21 milioni di italiani. Qualcuno degli inquirenti ipotizzò che Alfredo non fosse caduto casualmente nel pozzo, che i costruttori o i proprietari avrebbero dovuto tenere chiuso, ma vi fosse stato calato dopo essere stato addormentato, tuttavia le indagini furono archiviate per l’impossibilità di giungere alla verità. Tanto nel corso della vicenda che dopo, la Sig.ra Rampi denunciò più volte al Presidente Pertini, intervenuto sul luogo della tragedia, gli errori e le manchevolezze commesse dagli operatori durante i soccorsi, cosa questa che diede avvio alla nascita di fatto della Protezione Civile.

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Fonti

Csd – Centro Siciliano di Documentazione “Giuseppe Impastato”, Onlus − Indirizzo web: http://www.centroimpastato.it

Wikipedia – Libera enciclopedia on line − Indirizzo web: http://www.wikipedia.org

Altri che verranno via via indicati nel corso della compilazione dell’elenco.

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