GIOVANNI MAZZA − PROLOGO AL SECONDO LIBRO DELLE FAVOLE
Traduz. Ciro A. R. Abilitato
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Giovanni Mazza (Torre del Greco, 30 aprile 1877 – Napoli, 12 Novembre 1943), è uno dei più interessanti poeti in lingua latina del Novecento, per cinque volte insignito della Magna Laus al Concorso Internazionale di Poesia Latina di Amsterdam, il Certamen Poeticum Hoeufftanum, istituito nel 1843 per volontà testamentaria dall’umanista olandese Jacob Hendrik Hoeufft (1756-1843). Il riconoscimento era assegnato annualmente da una giuria di esaminatori (iudicatores), i quali venivano scelti dall’Accademia Reale Olandese delle Scienze (Koninklijke Nederlandse Akademie van Wetenschappen). Il concorso, durato dal 1844 al 1978, ebbe tra i più noti partecipanti italiani il poeta Giovanni Pascoli, che fu insignito per 13 volte del primo premio e per 15 volte della Gran Lode. Il primo premio consisteva in una medaglia d’oro del peso di 250 grammi e nella pubblicazione dell’opera dell’autore a spese dell’Accademia, mentre il secondo premio prevedeva la pubblicazione a spese dell’Accademia dell’opera prescelta previo consenso dell’autore.
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È intitolato a Giovanni Mazza, nella città di Torre del Greco, lo storico edificio della Scuola Elementare di via Vittorio Veneto, sede del I Circolo Didattico cittadino, sulla cui facciata campeggia la lapide che nel 1957 fu dettata dal professor Vincenzo Grillo, sacerdote, scrittore, dirigente scolatico e fondatore di scuole che poi egli stesso elevò al rango di istituti di istruzione statale. La lapide ricorda con queste semplici parole l’illustre e schivo poeta: “umile nella sua grandezza, grande nella sua umiltà”.
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Libro secondo delle favole
PROLOGO
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Con versi ornando le popolari novelle,
in mezzo alle inquietudini della vita uno svago io ritrovo,
e ai difetti e alle debolezze delle umane creature indulgendo,
delle vicissitudini del mondo, che da sé in rovina va, io mi rido.
Forse me soltanto le favole migliorano.
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Fabularum liber alter
PROLOGUS
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Ornans vulgares ego fabellas versibus,
invenio quoddam vitae curis otium,
hominumque indulgens vitiis et defectibus,
per se ruentis vicibus orbis rideo.
Forsitan et unum me fabellae corrigunt.
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Libro secondo delle favole
LE PANTEGANE, IL GATTO MORTO E IL MERLO
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Delle pantegane un gatto morto, al fine di seppellirlo, per la coda
trascinavano, e libere ormai dal tiranno, liete intonavano
una dolente litania, quando a un tratto, nel tirare, parve ad una
di esse che il defunto un piede avesse mosso. Tutte allora
nella tana spaventate fuggono. Ma ecco dalla sua gabbia
un merlo: «O tu, vile razza, nata sei per stare in schiavitù,
giacché i despoti da morti financo temi».
La libertà nega i suoi doni a coloro che ne sono indegni.
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Fabularum liber alter
MURES, FELIS MORTUUS ET MERULA
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Ad sepeliendum felem mures mortuum
cauda trahebant et, tyranno liberi,
iucundi maestam concinebant neniam,
pedem movere cum trahenti visus est
mortuus. Aufugiunt omnes sua trepidi in cava.
Tunc merula e cavea: «Quod times et mortuos
Tyrannos, vile, natum es servitio, genus!».
Denegat indignis sua libertas munera.
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Libro secondo delle favole
GLI AVVOLTOI, I LADRONI E IL VENTO
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La preda si spartivano su di un olmo due avvoltoi,
e la refurtiva all’ombra dello stesso albero due briganti .
Allorché questa scena il vento vide, fra sé disse:
«A due a due, in su nel cielo e in sulla terra i più turpi si dan convegno».
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Fabularum liber alter
VULTURES, LATRONES ET VENTUS
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Duo dividebant praedam in ulmo vultures,
sub umbra praedam duo latrones arboris;
quos cum vidisset ventus, secum «Bini – ait –
in caelo coëunt et in terra pessimi».
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